Duke Ellington

Duke Ellington

nato il 29.4.1899 a Washington, DC, MD, Stati Uniti d'America

morto il 24.5.1974 a New York City, NY, Stati Uniti d'America

Duke Ellington

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(FR)

«Non, "Duke" n'est pas un prenom, c'est bien un titre: Duke Ellington a su être pour le jazz ce que Diaghileff fut pour le ballet russe.»

(IT)

«No, "Duke" non è un nome, bensì un titolo: Duke Ellington ha saputo essere per il jazz ciò che Diaghileff fu per il balletto russo.»

(André Coeuroy, Histoire générale du jazz.[1])

Edward Kennedy "Duke" Ellington (Washington, 29 aprile 1899 – New York, 24 maggio 1974) è stato un direttore d'orchestra, compositore e pianista statunitense.

Duke Ellington è considerato uno dei massimi compositori del '900, oltre le etichette di genere; grande è stata e rimane la sua influenza su generazioni di jazzisti: dalle orchestre bianche di Woody Herman e Charlie Barnet a Thelonious Monk e Charles Mingus, e poi le avanguardie più underground di Sun Ra e Archie Shepp. Grande è il debito nei confronti del duca anche da parte dell'esule africano Dollar Brand, Muhal Richard Abrams e di Anthony Davis[2].

Biografia

A partire dalla fine degli anni dieci inizia a suonare professionalmente, come pianista, nella natia Washington; solo pochi anni dopo, manifestando già qualità manageriali, raduna attorno a sé alcuni amici musicisti, Sonny Greer e Otto Hardwick, per suonare a feste e in locali da ballo. Nel 1922, grazie a Sonny Greer, si trasferisce a New York per suonare con il complesso di Wilbur Sweatman; il primo importante ingaggio a New York, in uno dei più eleganti locali di Harlem, data al luglio 1923 con la Snowden's Novelty Orchestra

Sennonché il complesso di Elmer Snowden comprendeva già un primo nucleo della futura orchestra di Ellington: Otto Hardwick e Roland Smith (ance), Arthur Whetsol e Bubber Miley (trombe), John Anderson (trombone), Elmer Snowden (banjo), Sonny Greer (batteria). Nel 1924 Ellington diviene, dopo l'allontanamento di Snowden, il band-leader della formazione, che prenderà successivamente il nome di Washingtonians e rimarrà al Kentucky Club fino al 1927. Nel 1926 Irving Mills, l'uomo giusto al momento giusto, diventa l'impresario dell'orchestra per la quale organizza brevi tournée, ingaggi e sedute di registrazione. Nel 1927 Ellington ottiene un contratto nel locale più in vista di Harlem: il Cotton Club; questa si rivelerà una svolta decisiva nella sua carriera. Sono anni fondamentali per la scelta dell'organico, e conseguentemente della sonorità, dell'orchestra e della preparazione di un repertorio. Nel 1928 entrano a far parte dell'orchestra Johnny Hodges (sassofono contralto e soprano) e Barney Bigard (clarinetto); nel 1927 erano entrati Louis Metcalf (tromba), Harry Carney (sassofono baritono) e Wellman Braud (contrabbasso). Nel 1926 Ellington aveva ingaggiato il trombonista Joe "Tricky Sam" Nanton, che assieme a Miley avrebbe contribuito alla definizione del suono "growl" e "jungle" che avrebbe contraddistinto l'orchestra nei primi anni.

Risalgono al 1927 i primi capolavori riconosciuti di Ellington: brani in stile jungle[3] come richiedeva la moda esotica del momento per gli spettacoli pseudo-africani del Cotton Club (Black and Tan Fantasy, The Mooche, East St.Louis Toodle-Oo) e brani d'atmosfera e di carattere intimista (Black Beauty, Mood Indigo). Il jungle era gradito ai bianchi: i neri erano ancora visti come creature semplici e primitive. Walter Mauro scrive che lo stile jungle di Ellington potrebbe essere correlato ad una certa sua indifferenza verso i modelli culturali occidentali. Egli non si era "ancora del tutto emancipato"[4].

Negli anni trenta entrano altri membri fondamentali: Cootie Williams, Rex Stewart (trombe), Lawrence Brown, Juan Tizol[5] (trombone). Alla fine del decennio, nel 1939, entrano a far parte dell'orchestra Ben Webster (sassofono tenore) e Jimmy Blanton (contrabbasso). Quest'ultimo, nei tre anni in cui sarà in grado di suonare e incidere (muore infatti nel 1941) rivoluzionerà la tecnica e la concezione del contrabbasso che grazie a lui diventa non solo il motore dell'orchestra ma strumento solista vero e proprio, allo stesso livello di un qualsiasi strumento a fiato o del pianoforte. Sempre nel 1939 entra a far parte del circolo dei collaboratori di Ellington il giovane compositore, pianista e arrangiatore Billy Strayhorn[6], che fino alla morte (1967) rimane il più fedele collaboratore, coautore e alter ego musicale di Ellington (anche se la reale portata del contributo di Strayhorn alla musica di Ellington ha iniziato a essere indagata e soprattutto riconosciuta solo negli ultimi anni).

Tra il 1940 e il 1943 nasce così una straordinaria serie di incisioni che complessivamente costituiscono uno dei vertici assoluti della musica del Novecento e insieme il contributo più duraturo e generalmente riconosciuto di Ellington alla storia della musica afroamericana. Essendo quasi impossibile estrapolare, da questa lunga e apparentemente inesauribile sequenza, gli innumerevoli capolavori, potrà essere sufficiente citare, tra i tanti, Jack The Bear, Ko-Ko, Concerto For Cootie, Sepia Panorama, Cotton Tail, Harlem Air Shaft. Molti brani ellingtoniani sfuggono a una ristretta etichettatura di genere, andando ben oltre gli schemi tecnico-interpretativi del jazz dell'epoca. Più spesso, nel caso del Duca, si deve parlare di musica espressionista del Novecento, e l'idea che le sue composizioni fossero dei "quadri musicali" o che egli riuscisse a "dipingere con i suoni", fu un concetto più volte espresso dallo stesso Ellington, che non a caso in gioventù aveva lungamente coltivato anche una certa passione per la pittura (in realtà, prima di diventare musicista, aveva accarezzato l'idea di intraprendere la carriera di cartellonista pubblicitario). Il brano Mood indigo (che si potrebbe tradurre con umore color indaco) è uno degli esempi più significativi dell'espressionismo di Ellington.

Non vi è dubbio che i grandi risultati ottenuti si dovettero anche al fatto che per oltre trent'anni Duke Ellington riuscì a mantenere unita la sua orchestra, caso abbastanza raro a quei tempi, il che gli permise di amalgamare il gruppo e di plasmarlo secondo la sua inventiva, raggiungendo un'intesa perfetta con ciascuno strumentista e ricavandone un sound unico e inconfondibile, quasi che l'orchestra fosse un unico strumento nelle sue mani.

A partire dal 1943 Ellington inizia a tenere ogni anno un concerto alla Carnegie Hall (1943-1948) tempio della musica colta d'ispirazione europea, in occasione del quale presenta, a ogni concerto, una nuova composizione in forma di suite ad ampio respiro. Nel 1943 viene presentata, e per fortuna incisa integralmente (cosa che non accadrà più in studio, se non in versioni frammentarie), una composizione ispirata alla storia dell'integrazione razziale dei neri negli Stati Uniti, dal titolo Black, Brown and Beige.

Negli anni quaranta e cinquanta diversi solisti lasciano l'orchestra per seguire la carriera solistica o per ragioni di salute (tra cui il batterista Sonny Greer, per problemi di alcol, il sassofonista Ben Webster, a causa del carattere irascibile di questi e delle continue liti che intercorsero tra i due, e il clarinettista Barney Bigard, per problemi di stress derivanti dai frequenti tour in tutto il mondo). Assieme al fedele Harry Carney[7], che gli rimase sempre accanto, sfilarono Al Sears, Paul Gonsalves, Jimmy Hamilton, Russell Procope (sax), Ray Nance (tromba, violino), Al Killian, Shorty Baker, Clark Terry, Cat Anderson, Willie Cook (trombe), Tyree Glenn (trombone, vibrafono), Quentin Jackson, Britt Woodman, Booty Wood (tromboni), Oscar Pettiford, Junior Raglin, Jimmy Woode (contrabbasso), Louis Bellson, Sam Woodyard, Jimmy Johnson (batteria). Il 23 maggio 1950 l'orchestra di Ellington si esibisce nel Teatro Verdi di Pisa. Dopo un periodo di magra, dal 1951 al 1955, segnato soprattutto dalla dipartita del trombonista Lawrence Brown e dell'altosassofonista Johnny Hodges (colonna portante della sezione ance e il più grande sassofonista contralto della storia del jazz prima dell'avvento di Charlie Parker). L'orchestra tornò sulla cresta dell'onda con l'esibizione al Festival del Jazz di Newport la sera del 7 luglio 1956, esibizione nota per il lunghissimo assolo di sax tenore di Paul Gonsalves nel brano Diminuendo and Crescendo in Blue.

È interessante notare che questi due brani, insieme a Jeep's Blues sono le uniche registrazioni dal vivo contenute nell'originario disco Ellington at Newport, uscito nella tarda estate del 1956:in quel disco tutte le altre registrazioni, benché dichiarate "dal vivo", erano in realtà state incise pochi giorni dopo il concerto in studio e mixate con finti applausi, operazione che suscitò il disappunto di Ellington. Solo la casuale scoperta dei nastri della emittente radiofonica "The Voice of America", più di quarant'anni dopo, dimostrerà lo splendore e la forza del concerto originale. Questa scoperta renderà possibile la pubblicazione nel 1998 del doppio CD Ellington at Newport - Complete, che contiene l'intero concerto, senza tagli e/o omissioni, a testimonianza di un'orchestra e di un autore ancora in forma eccellente.

In seguito la carriera di Ellington fu scandita da una serie innumerevole di concerti e tour per il mondo e da nuove registrazioni: eccellenti le suite Such Sweet Thunder (1958), ispirata alle opere di William Shakespeare, la Far East Suite (1966) e la New Orleans Suite (1970), nonché il Second Sacred Concert (1968, con la cantante svedese Alice Babs). I tour furono interrotti il 31 maggio 1967, giorno nel quale muore di cancro all'esofago il suo intimo amico e preziosissimo collaboratore Billy Strayhorn: per le tre settimane seguenti Duke non uscì dalla sua camera da letto, per tre mesi non diede concerti e cadde in una depressione profonda, interrotta solo dalla registrazione del celeberrimo album And his mother called him Bill... contenente alcune delle più famose partiture di Strayhorn. Un altro giorno funesto per l'orchestra fu l'11 maggio 1970, quando, durante una seduta dentistica, un infarto uccise Johnny Hodges.

Negli anni sessanta e settanta nel collettivo brillarono le presenze di Norris Turney (sax alto, flauto), Harold Ashby (sax tenore), Fred Stone (flicorno), Buster Cooper e Julian Priester (trombone), Aaron Bell, Joe Benjamin e Ernest Shepard (contrabbasso), e Rufus Jones (batteria). Duke Ellington morì, di cancro ai polmoni, il 24 maggio 1974, assistito dal figlio Mercer e senza sapere che pochi giorni prima era morto anche il fidato collaboratore Paul Gonsalves per overdose di eroina. Mercer Ellington non aveva avuto il coraggio di dargli la brutta notizia.

Nel 1976 Stevie Wonder gli dedicherà quello che sarà uno dei suoi più grandi successi, il brano Sir Duke.

Discografia

Riconoscimenti

  • 1956 - Down Beat Jazz Hall of Fame inductee
  • 1959 - NAACP Spingarn Medal
  • 1966 - Grammy Lifetime Achievement Award
  • 1968 - Grammy Trustees Award (Premio Speciale)
  • 1971 - Honorary Doctorate Degree from Berklee College of Music
  • 1971 - Songwriters Hall of Fame
  • 1973 - Honorary Degree in Music from Columbia University
  • È stato il primo afro-americano ad apparire su un'effigie di una moneta degli Stati Uniti.
  • 1999 - Premio Pulitzer (Menzione Speciale)

Onorificenze

Onorificenze statunitensi

Medaglia Presidenziale della Libertà
— 1969

Onorificenze straniere

Cavaliere dell'Ordine della Legion d'Onore (Francia)
— 1973[8]

Nella Cultura di Massa

Nella serie Netflix, Big Mouth il suo fantasma abita nella soffitta di Nick, e gli da consigli su come si conquistano le ragazze.

Note

  1. ^ Citato in: Irene Brin, Usi e costumi 1920 - 1940, Palermo, Sellerio Editore, 2001. ISBN 88-389-0191-0. p. 33
  2. ^ "Nel secolo che ha seguito la sua nascita, non è esistito un compositore più grande, in America o altrove, di Edward Kennedy Ellington." - Bob Blumenthal, Boston Globe, April 25, 1999
  3. ^ Lo stile jungle era così chiamato perché i temi e il timbro orchestrale cercavano di suscitare un'atmosfera che ricordasse esoticamente un ambiente di giungla africana.
  4. ^ Walter Mauro, "Jazz e universo negro", Rizzoli Editore, 1972
  5. ^ Tizol contribuì al repertorio dell'orchestra con alcuni tra i brani più famosi, basti citare Caravan e Perdido.
  6. ^ Anche Strayhorn firmò per l'orchestra alcuni brani poi diventati celebri: tra gli altri Lush Life – che Ellington, peraltro, non incise mai – e Take the "A" Train che dell'orchestra fu per molti anni la sigla.
  7. ^ Harry Carney fu un amico personale di Ellington e fu sempre il suo autista durante i trasferimenti tra una città e l'altra, nei tour dell'orchestra. Il rapporto tra Carney e Ellington costituisce il filo conduttore del romanzo Natura morta con custodia di sax di Geoff Dyer.
  8. ^ NMAH Archives Center Archiviato il 30 gennaio 2012 in Internet Archive.

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