Scipione Maffei

Scipione Maffei

nato il 1.6.1675 a Verona, Veneto, Italia

morto il 11.2.1755 a Verona, Veneto, Italia

Scipione Maffei

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La Favola dell'ordine equestre costantiniano

Scipione Maffei (Verona, 1º giugno 1675 – Verona, 11 febbraio 1755) è stato uno storico, drammaturgo ed erudito italiano.

Biografia

Scipione Francesco Maffei nasce il 1º giugno 1675 a Verona, figlio del marchese Giovanni Francesco Maffei e di Silvia Pellegrini.

Formatosi presso i collegi gesuiti di Parma e di Roma, abbracciò da giovane la carriera delle armi, divenendo ufficiale nell'esercito bavarese. Tornato in Italia dopo la battaglia di Donauwörth (1705), cui partecipò, iniziò a scrivere, pubblicando trattati su vari argomenti e rilanciando il teatro italiano della prima metà del Settecento. Contribuì alla riforma dell'Università di Torino per conto del re Vittorio Amedeo II e il suo ideale fondato sul cattolicesimo illuminato, fu per tutto il Settecento un punto di riferimento per intellettuali italiani e governanti riformatori.

Al marchese Maffei si deve l'istituzione del Museo Lapidario di Verona, avvenuta nel 1714 (alcune fonti danno date diverse), che risulta essere il primo del genere in Europa. Il Museo, oggi intitolato a suo nome, venne da lui stesso riorganizzato tra il 1744 e il 1749.

Dal punto di vista scientifico si deve a Maffei il merito di aver compreso per primo che i fulmini che il nostro occhio può osservare si formano dal basso e poi ascendono verso le nubi, l'opposto di quanto asserito dal pensiero comune della sua epoca. Il suo ruolo di promotore delle scienze è inoltre testimoniato dalla Lettera di un matematico italiano indirizzatagli da Gaetano Marzagaglia.

Idee

« Uomo nato nobile nella critica libera, franca, spregiudicata e originale »

(Giacomo Leopardi nello Zibaldone)

La visione politica di Scipione Maffei si può inscrivere nella categoria del "cattolicesimo illuminato". Da giovane intraprese un viaggio per l'Europa che gli avrebbe fatto conoscere le maggiori città europee, tra cui Parigi, a cui arrivò nel 1732 e in cui soggiornò per quattro anni, accolto come membro dell'Académie des Inscriptions et Belles Lettres.

Alla conclusione del viaggio europeo, scrisse, nel 1737, il Consiglio politico, rivolto al governo veneziano, in cui denunciò la debolezza veneziana nei confronti degli stati europei. Nel Consiglio politico, Maffei metteva in discussione tutto il delicato e complesso sistema di equilibri del governo di Venezia (fondato sul dominio di un ristretto numero di famiglie patrizie veneziane e sull'esclusione di uomini dalla Terraferma), svelandone la decadenza e proponendo una soluzione ardita. Avvertiva la crisi anche fisiologica della classe dirigente veneziana, e offriva una prima critica a quella che sarebbe stata la soluzione poi scelta dal Senato, cioè la cooptazione di un certo numero di famiglie patrizie della Terraferma nei ruoli della città. Questa soluzione rimandava semplicemente il problema. Venezia aveva in realtà creato un sistema opposto a quello dell'antica Repubblica romana, grande esempio seguito da Maffei, estraniando da sé e dalle responsabilità la maggior parte dei suoi sudditi.

La fragilità di Venezia, la sua impossibilità di fare una politica estera convincente, la sua chiusura in una neutralità che nascondeva l'impotenza, erano il frutto di questo sistema, che aveva escluso i patriziati delle città della Terraferma. Mancava l'amor di patria, unica possibilità per resistere alle crescenti pressioni degli stati europei. La soluzione di Maffei era dunque il coinvolgimento di tutti i cittadini, con un trasferimento del potere dal popolo al Senato e il coinvolgimento delle popolazioni conquistate, sul modello di Roma.

A fianco al modello romano Maffei poneva esempi come il modello inglese e olandese, un sistema non assoluto, in cui le rappresentanze conservavano alcuni poteri fondamentali.

Un altro importante trattato di Scipione Maffei fu la Scienza chiamata cavalleresca (1710). Per Maffei la virtù nobiliare non doveva più fare appello al lignaggio e alle tradizioni militari, bensì alle competenze professionali e ai compiti di natura amministrativa e giuridica svolti nelle magistrature dello Stato.

Nel 1744 scrisse Dell'impiego del denaro, sulla scia delle speranze progressiste suscitate da Benedetto XIV, in cui criticava le scelte contrarie all'usura della Chiesa cattolica.

L'esperienza vissuta visitando l'Olanda gli dovette far capire quale arma si lasciava in mano ai protestanti prendendo posizioni rigide contro l'usura. Il grande sviluppo economico di paesi come l'Inghilterra e l'Olanda non impacciati di vincoli teologici, fornivano esempi di un cristianesimo più conciliabile con lo sviluppo della società civile. Maffei tentò di coinvolgere sia papa Benedetto XIV che Muratori, facendo notare come la sua teoria dell'interesse come guadagno lecito in quanto pagato per il rischio, era una delle strade obbligate che il fronte dei cattolici illuminati doveva percorrere per vincere la battaglia contro l'arretratezza e i limiti di una società tradizionale.

Negli anni cinquanta Maffei, assieme a Ludovico Antonio Muratori, apre un dibattito fra magia e religione, intervenendo con l'Arte magica dileguata, in cui mise in luce l'incompatibilità del cristianesimo ormai illuminato e ragionevole con la persistenza della magia, e successivamente con l'Arte magica distrutta. Prima di morire avrebbe tratto tutte le conseguenze dal dibattito che ne conseguì con l'Arte magica annichilata.

Nel 1711 Maffei pubblica un articolo sul Giornale de' letterati d'Italia tomo 5, in Venezia in cui descrive l'invenzione del pianoforte "gravecembalo col piano et forte" ad opera del cembalaro padovano Bartolomeo Cristofori.

Maffei si occupò a più riprese anche di teatro: nel 1700 scrisse delle Osservazioni sopra la Rodoguna in cui polemizzava contro la tragedia corneliana, piena di snodi inverosimili e troppo lontana dalla realtà storica,[1] ma lo scritto più noto è il Discorso intorno al teatro italiano, premesso nel 1723 a un'antologia di tragedie italiane. In questo saggio Maffei sancisce la necessità e la possibilità della rinascita del genere tragico in Italia (che l'autore vuole ora promuovere con la scelta antologica ma che fu alla base anche della sua Merope di dieci anni prima); secondo l'erudito veronese la scena deve liberarsi dal dominio dell'opera in musica e della commedia dell'arte,[2] perché hanno corrotto la tragedia, il cui scopo è correggere i costumi e assumere una funzione morale.[3] La tragedia, secondo Maffei, dev'essere semplice e scritta con un linguaggio naturale.[4]

Al fine di una maggior naturalezza Maffei bandisce la rima ma non il verso,[5] ritenuto al contrario essenziale nel genere serio. Condanna il teatro francese per l'abuso della passione amorosa e degli elementi romanzeschi: oltralpe inoltre gli sembra « che il vero sì poco s'imiti e la natura sì poco si rappresenti, che i lambiccati sentimenti mostrino bensì il poeta, ma non già chi parla »,[6] cosicché la tragedia cessa di essere oggettiva e si trasgrediscono buon senso, verisimile e verità storica. Nel 1753 torna ad occuparsi di critica del teatro con De' teatri antichi e moderni, dove ribadisce le posizioni espresse trent'anni prima.[7]

Opere

Trattati

  • Della scienza chiamata cavalleresca (1716)
  • La Favola dell'ordine equestre costantiniano (1717)
  • Istoria diplomatica (1727) importante per il progresso della filologia e paleografia nello studio dei codici medievali.
  • Verona illustrata (1732) opera monumentale, dedicata alla storia, agli scrittori e ai monumenti della sua città: Verona, appunto.
  • Istoria teologica (1734, ma pubblicata nel 1752)
  • Consiglio politico presentato al governo veneto (1738) dove parla di un'idea di governo ispirata al modello inglese
  • Arte magica dileguata (1749)
  • Arte magica annichilata (1754)

Per il teatro

Qui il suo apporto fu minore rispetto ai suoi trattati, ma è comunque interessante per le sue influenze e collaborazioni

  • Merope (1713), tragedia ispirata a modelli classici, forse l'opera più interessante del Maffei drammaturgo: fu ritenuta per decenni un modello da studiare e imitare. La tragedia apparve in stampa nel 1730 assieme ad altre opere del Maffei nel volume curato da Giulio Cesare Becelli, Teatro del sig. Marchese Scipione Maffei cioè la tragedia la comedia e il drama non più stampato aggiunta la spiegazione d'alcune antichità pertinenti al Teatro, In Verona: per Gio. Alberto Tumermani librajo, 1730.[8]
  • Le Cerimonie (1728), commedia
  • Libretto de La Fida Ninfa (1732), opera musicata poi da Antonio Vivaldi per l'inaugurazione del Teatro Filarmonico di Verona.
  • Il Raguet (1747), commedia

Maffei e Verona

A Verona dal 1866 è intitolato a Scipione Maffei il primo liceo classico d'Italia, fondato nel 1807.

Sempre a Maffei è dedicato il Museo lapidario di Verona.

Note

  1. ^ Osservazioni sopra la Rodoguna, in Rime e prose del sig. Marchese Scipione Maffei, Venezia, Coleti, 1719, pp. 165 e ss..
  2. ^ Discorso intorno al teatro italiano, in Opuscoli letterarii di Scipione Maffei, Venezia, Alvisopoli, 1829, pp. 71-78.
  3. ^ Si vedano in particolare le pp. 86-90 del Discorso intorno al teatro italiano, cit..
  4. ^ Discorso intorno al teatro italiano, cit., in part. le pp. 105-106.
  5. ^ Discorso intorno al teatro italiano, cit., pp. 85 e 106 e ss..
  6. ^ Discorso intorno al teatro italiano, cit., p. 85.
  7. ^ Si veda, per tutte le opere maffeiane di critica del teatro, A. Franceschetti, La riforma del teatro e la cultura critica del teatro francese, in Le théâtre italien et l'Europe (XVIIe-XVIIIe siècles). Actes du 2e Congrès International réunis et présentés par C. Bec et I. Mamczarz, Firenze, Olschki, 1985, pp. 26-28.
  8. ^ on-line

Bibliografia

  • L'Italia del Settecento, D. Carpanetto, G. Ricuperati, Laterza 1986
  • Merope a cura di Stefano Locatelli, Edizioni ETS
  • Scipione Maffei, Della formazione de' fulmini, In Verona, presso Giannalberto Tumermani nella via delle Foggie, 1747. URL consultato il 14 marzo 2015.
  • Scipione Maffei, Dell'impiego del danaro, In Roma, nella stamperia di Giambatista Bernabo, e Giuseppe Lazzarini, 1746. URL consultato il 14 marzo 2015.
  • Scipione Maffei, [Opere. Teatro], Bari, Laterza, 1928. URL consultato il 14 marzo 2015.

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Collegamenti esterni

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