Guelfo Civinini

Guelfo Civinini

nato 1874 a Livorno, Toscana, Italia

morto il 10.4.1954 a Roma, Latium, Italia

Guelfo Civinini

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Guelfo Civinini

Guelfo Civinini (Livorno, 1 agosto 1873  Roma, 10 aprile 1954) è stato uno scrittore, poeta e giornalista italiano.

Biografia

I genitori Francesco e Quintilia Lazzerini, di origine pistoiese, risiedevano a Grosseto, dove Civinini trascorse gran parte dell'infanzia. A causa della malaria, che ancora affliggeva la Maremma, d'estate, per sfuggire al periodo più pericoloso, i genitori di Guelfo erano soliti spostarsi a Livorno, dove lo scrittore nacque[1][2] http://guelfocivinini.wordpress.com. Dopo la morte precoce del padre e il secondo matrimonio della madre Civinini si trasferì con la famiglia a Roma[3].

Terminati successivamente gli studi liceali ad Arezzo[3], trovò lavoro a Roma presso il ministero della Guerra[4], e col fratello Ricciotto Pietro, iniziò a frequentare l'ambiente letterario romano[5] che si riuniva nella storica Terza Saletta del Caffè Aragno[6][7]. Dal 1895 in poi cominciò a collaborare con articoli di cronaca e di critica letteraria e d'arte a vari quotidiani come "La Riforma", "La Tribuna", "Il Travaso delle Idee", "La Patria" e l'"Avanti! della Domenica"[3]. La sua produzione letteraria iniziò con due raccolte di poesie d'intonazione crepuscolare, L'urna, e I sentieri e le nuvole, e con alcune opere teatrali. Nel 1908 sostituì Carlo Zangarini nella stesura del libretto de La fanciulla del West, musicato da Giacomo Puccini.

Inviato di guerra del Corriere

Scoperto da Ugo Ojetti che lo raccomandò a Luigi Albertini[7] fu assunto nel 1907 al "Corriere della Sera" e tra i suoi primi lavori vi furono i servizi sull'aviatore francese Léon Delagrange in cui Civinini descrisse una Roma divisa in due partiti uno delagrangiano e uno contrario[8]. Gli articoli su Delagrange impressionarono Albertini che gli affidò altri lavori come quello di "scoprire" il Lazio, per cui, acquistato un cavallo, Civinini iniziò a girare la provincia romana e il Viterbese[8]. Al termine di questo ultimo lavoro Civinini fu chiamato direttamente a Milano[8]. Inviato a Montecarlo ad intervistare il principe Nicola IV Esterházy riuscì a trovarlo al Casinò. Per poterlo avvicinare iniziò a giocare al suo stesso tavolo a chemin de fer vincendo peraltro le prime mani. Intanto iniziò a chiacchierare con il principe ma terminata l'intervista Civinini si rese conto di aver perso tutto il denaro che aveva per l'enorme cifra per l'epoca di quattromila lire[8]. Rientrato a Milano si presentò all'amministratore economico del Corriere Eugenio Balzan richiedendo il rimborso delle spese sostenute avendole effettuate per conto del giornale. Balzan gli rispose: "Ma se le quattromila lire, invece di perderle, lei le avesse vinte, le avrebbe versate a me?". Al che Civinini replicò: "Ma se io, avendo vinto quattromila lire, le versassi a lei, lei un imbecille come me continuerebbe a tenerlo al suo servizio?".[8]

. Quando nel 1911 incominciò la campagna di Libia, insieme a Luigi Barzini fu inviato come corrispondente di guerra in Libia con il compito di seguire i reparti combattenti e qui scoprì anche la sua vocazione alla battaglia guadagnandosi la prima delle medaglie al valor militare[8] a Marsa Zuetina[9], e un'altra ad Agedabia[9]. In Grecia e in Svezia nel 1915 poi seguì le guerre balcaniche, e poi al fronte italiano, dal 1916 al 1918. Pur non essendo ufficialmente combattente, come già in Libia, prese parte ad alcune azioni belliche e ad attività di collegamento che gli fecero guadagnare altre due medaglie di bronzo[3].

L'attività bellica fece spesso in Civinini passare in secondo piano la sua attività di giornalista e i suoi ritardi nell'inviare i servizi a Milano gli attirarono spesso, nonostante la stima, le critiche e i rimproveri di Luigi Albertini"[7]. Divenuto amico di D'Annunzio dopo aver partecipato da giornalista all'impresa di Cattaro[8]. prese parte alle fasi preparative del "Volo su Vienna", ma commise un grave errore regalando ad un collega del "Secolo Illustrato" molto materiale dell'impresa dannunziana tra cui foto, manifestini e un autografo. Albertini andò su tutte le furie e scrisse a Civinini:"Alle molte cose sgradevoli verificatesi in questi giorni devo aggiungere quella che constato ora e mi indigna profondamente: mentre per Domenica del Corriere non ricevemmo alcuna fotografia troviamo riprodotto in altro giornale illustrato interessantissimo documento fornito da voi con autografo di D'Annunzio. Attendo spiegazioni immediate"[8]. Il telegramma di Albertini non poté essere recapitato prima di dieci giorni poiché Civinini nel frattempo si era spostato a combattere sul Passo del Tonale insieme agli Arditi[8]. Alla risposta di Civinini, Albertini replicò con una lettera ancora più dura e da quel momento i rapporti si fecero più difficili[8]. Presso il Corriere si fecero sempre più insistenti da parte degli altri cronisti le domande sul perché Civinini non venisse licenziato e si ipotizzò che avesse raccomandazioni molto forti ma la realtà era che Albertini aveva grande stima del proprio corrispondente, sia come soldato, sia come uomo e giornalista[8].

Alla fine della guerra, mentre erano in atto le trattative di pace il Corriere si schierò contro richieste irredentistiche della Dalmazia. Civinini, non condividendo la linea del giornale, si dimise senza nemmeno richiedere la liquidazione[10].

Il dopoguerra e le spedizioni africane

Nell'immediato dopoguerra prese parte all'impresa di Fiume al seguito di d'Annunzio.[2] Da Fiume incominciò una viva corrispondenza con un giornale romano in cui narrò degli avvenimenti nella città. Intanto pubblicò due libri "La stella confidente" e "Viaggio intorno alla guerra" in cui raccolse le sue corrispondenze dall'estero.[8] Già fervente nazionalista, aderì quindi al fascismo e nel 1925 fu tra i firmatari del "Manifesto degli intellettuali fascisti". Negli anni tra la prima e la seconda guerra mondiale Civinini alternò una produzione letteraria basata soprattutto su raccolte di novelle, spesso di ispirazione autobiografica, con alcuni viaggi in Africa. In seguito ad una spedizione organizzata nel 1924, dall'Eritrea fino al lago Tana, realizzò il primo documentario cinematografico Aethiopia per conto dell'Istituto Luce.[8]

Nel 1925 incominciò ad organizzare un'altra spedizione, in Africa orientale con obiettivo la ricerca dei resti dell'esploratore Vittorio Bottego, caduto nel 1897.[3][10] Per preparare un viaggio così impegnativo cercò aiuti che gli vennero da Italo Balbo cui aveva sottoposto il suo progetto[8]. Tramite Balbo che contattò ditte ed enti, Civinini fu rifornito di tutto il materiale di cui aveva bisogno per la spedizione.[8] Nel viaggio fu accompagnato dal principe Marescotti-Ruspoli che si offrì inoltre di coprire buona parte delle spese.[8] Giunti in Africa intrapresero la spedizione il 26 aprile 1926:

"Malgrado il tedioso prolungarsi della stagione delle piccole piogge partiamo oggi con una carovana leggera di sessanta quadrupedi e trenta indigeni verso il confine occidentale etiopico, alla ricerca della salma di Bottego. Dall'Uàllega scenderemo quindi al Caffa, attraverso l'Omo, raggiungeremo il lago Margherita e la terra di Borana e dei Sidamo, dove morirono Ruspoli e Maurizio Sacchi. Se le grandi piogge non ci fermeranno al Caffa, saremo di ritorno ad Addis Abeba in agosto per la via del lago Zuai. Dio ci assista, affinché noi possiamo ridonare alla Patria quelle salme gloriose.""
(Il telegramma inviato da Civinini alla partenza dall'Asmara il 26 aprile 1926[8])

Quando Civinini raggiunse il luogo della morte di Bottego riuscì a farsi indicare il luogo dove, secondo la tradizione Bottego era stato sepolto. Gli fu infatti indicato un cumulo presso un albero secolare ma gli scavi che effettuarono non diedero risultati così i due esploratori si limitarono ad incidere su di una roccia affiorante il simbolo di una croce e il nome di Vittorio Bottego con la data del 16 marzo 1897[8].

In Italia

Il 14 luglio 1928, morì Giuliana, la figlia di Civinini. Lo scrittore, distrutto dal dolore, si recò presso l'amico Luigi Federzoni che all'epoca era ministro delle Colonie e consegnando tutti i titoli di Stato che possedeva chiese che si facesse qualcosa per conservarne la memoria. Fu così istituito il premio "Giuliana Civinini per la migliore opera di letteratura coloniale"[11]. Civinini poi si trasferì da Roma a Firenze con la moglie Giuseppina Mazzara Bridgtower.[3] Nel 1934 comprò dal Demanio la Torre di Santa Liberata sull'Argentario, riadattandola ad abitazione e compiendo anche degli scavi nel terreno sottostante che portarono alla luce i resti di una villa romana degli Enobarbi.[12] Dal 1930 aveva ripreso a collaborare da esterno al "Corriere della Sera". Sono di questo periodo i libri che raccolgono racconti di ricordi d'infanzia (Odor d'erbe buone, Pantaloni lunghi) e d'Africa (Sotto le piogge equatoriali, Ricordi di carovana, Tropico e dintorni, Vecchie storie d'oltremare) e novelle ambientate in Maremma (Trattoria di paese, Gesummorto). Nel 1933 ricevette il "premio Mussolini" per la letteratura, nel 1937 il "premio Viareggio" per Trattoria di paese.

Nel 1935, quasi settantenne, riuscì a partire volontario per la guerra d'Etiopia, dove guadagnò la quinta medaglia di bronzo[3]. Anche qui, tra una pausa e l'altra dei combattimenti, scrisse numerosi articoli. Dopo le leggi razziali e il "Patto d'Acciaio" con la Germania, si distaccò però dal partito fascista e dall'ideologia mussoliniana, tanto che nel 1944 il governo di Salò vietò la vendita dei suoi libri in quanto di scrittore "non gradito".

Fu nominato Accademico d'Italia il 12 giugno 1939[13][3]. Morta la prima moglie, nel 1941 si risposò ed ebbe ancora una bambina, Annalena[2] e passò tutto il periodo della Seconda guerra mondiale a Firenze.

Il 30 gennaio 1945 fu accusato di profitti illeciti dalla Commissione di epurazione, nel frattempo il suo editore milanese si affrettò a mandare al macero le poche copie rimaste delle sue opere rimaste invendute[11] così il 4 agosto successivo inviò un esposto elencando tutti i guadagni percepiti negli ultimi ventanni. Due anni dopo, il 10 febbraio 1947 fu costretto ad inviare inutilmente un nuovo esposto.

"Data la mia condizione di vero e proprio nullatenente, l'addebito di una somma (le famose 400.000 lire) che è per me favolosa potrebbe anche lasciarmi indifferente e forse anche procurarmi, in mezzo alle difficoltà in cui mi dibatto, un momento di malinconico buonumore, se in tale addebito non fosse implicata un'imputazione di carattere morale, qual e è quella di aver tratto dalla mia attività di scrittore e di cittadino un illecito lucro che profondamente mi ferisce e mi offende"
(Esposto del 10 febbraio 1947 inviato da Civinini.[8])

Il 20 marzo 1948 fu chiamato a deporre davanti alla Commissione di epurazione. Il presidente della giuria sfogliò a lungo la sua relazione poi fissandolo gli si rivolse dicendogli che in un tempo lontano si erano già conosciuti quando le truppe italiane entrarono in Vittorio Veneto, Civinini ammise di essere entrato in città con le prime pattuglie di cavalleria al che il magistrato replicò: "Appunto, erano pattuglie del mio squadrone. Lancieri di Firenze".[8] Il procedimento accertò l'inconsistenza delle accuse e assolse Civinini.[11]

Nel secondo dopoguerra scrisse vari articoli per la terza pagina di numerosi quotidiani e altre raccolte di ricordi e fantasie, e nel 1953 per "Lungo la mia strada", ottenne anche il "premio Marzotto"[8][3].

In seguito ad un ictus si spense a Roma nel 1954.

Curiosità

L'opera letteraria di Civinini, secondo un giudizio dello scrittore e giornalista Massimo Grillandi, dopo aver pagato inizialmente con le poesie un tributo all'atmosfera "crepuscolare" del primo novecento, è piuttosto da collocare nell'ambito di un "verismo" rinnovato nel disegno e nella realizzazione da un senso della misura tutto personale.[3] E Indro Montanelli definisce la sua penna "una delle più caste, e chiare, e pulite, e ricche d'ombre e venature che abbia avuto la nostra terza pagina".[14]

Opere

Poesia

  • L'Urna, 1900
  • I sentieri e le nuvole, 1911
  • Cantilene, 1920 (per bambini)

Prosa

  • Viaggio intorno alla guerra, 1917
  • La stella confidente, 1918
  • Giorni del mondo di prima, 1926
  • Sotto le piogge equatoriali, 1930
  • Odor d'erbe buone, 1931
  • Ricordi di carovana, 1932
  • Pantaloni lunghi, 1933
  • Poi ci si ferma, 1934
  • Tropico e dintorni, 1935
  • Trattoria di paese, 1937, premio Viareggio
  • Scricciolo & C., 1937 (per ragazzi)
  • Gesummorto, 1938
  • Vecchie storie d'oltremare, 1940
  • Alì moretto d'occasione, 1942 (per ragazzi)
  • Libro dei sogni, 1949
  • Racconti di ieri, 1951, premio minore Marzotto
  • Quand'ero re, 1951
  • Lungo la mia strada, 1953, premio Marzotto

Teatro

  • La casa riconsacrata, 1904
  • Il Signor Dabbene, 1906
  • Notturno, 1907
  • La regina, 1910
  • Il sangue, 1922
  • Rottami, 1929
  • Rancore, 1948

Onorificenze

Medaglia di bronzo al valor militare

 Marsa Zuetina

Medaglia di bronzo al valor militare

 Agedabia

Medaglia di bronzo al valor militare

 Carso

Medaglia di bronzo al valor militare

 Cattaro

Croce di guerra al valor militare

 Harar

Note

  1. {citalibro|nome=Guelfo|cognome=Civinini|titolo=Odor d'erbe buone|anno=1931|editore=Mondadori}}
  2. 2,0 2,1 2,2 Roberto Malfatti. Guelfo Civinini. URL consultato il 23-04-2010 .
  3. 3,0 3,1 3,2 3,3 3,4 3,5 3,6 3,7 3,8 3,9 Massimo Grillandi. La casa dei sette pini. Edizioni Scolastiche Mondadori, 1966.
  4. Giorgio Pillon, Te finirai male, finirai giornalista op. cit.
  5. Lucio D'Ambra. La partenza a gonfie vele. Corbaccio, 1928.
  6. Adone Nosari. La saletta d'Aragno. Sapientia, 1928.
  7. 7,0 7,1 7,2 7,3 Giorgio Pillon, Te finirai male, finirai giornalista, op. cit.
  8. 8,00 8,01 8,02 8,03 8,04 8,05 8,06 8,07 8,08 8,09 8,10 8,11 8,12 8,13 8,14 8,15 8,16 8,17 8,18 8,19 8,20 Ibidem.
  9. 9,0 9,1 Guelfo Civinini in Dizionario Biografico Treccani
  10. 10,0 10,1 Giorgio Pillon, Lascia il Corriere sbattendo la porta, op. cit.
  11. 11,0 11,1 11,2 Giorgio Pillon, articolo "Morì povero ma felice", op. cit.
  12. Guelfo Civinini. Il microbo della storia in: Lungo la mia strada. Mondadori, 1953.
  13. Panorama 27 giugno 1939 pag 641
  14. Indro Montanelli. Facce di bronzo. Milano, Longanesi, 1955.

Bibliografia

  • Giorgio Pillon, articolo "Te finirai male, finirai giornalista" su Candido n° 48 del 27 novembre 1960 pag:11 (1ª parte)
  • Giorgio Pillon, articolo "Lascia il Corriere sbattendo la porta" su Candido n° 49 del 4 dicembre 1960 pag:11(2ª parte)
  • Giorgio Pillon, articolo "Morì povero ma felice" su Candido n° 50 del 11 dicembre 1960 pag:11(3ª parte)

Altri progetti

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  • Collegamenti esterni

    • Roberto Malfatti. Guelfo Civinini. URL consultato il 23-04-2010 .
    • dizionario biografico Treccani
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